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AUMENTO BOLLETTE: IL COSTO DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA DI CLASSE

Pubblichiamo il testo del volantino che abbiamo distribuito in occasione dello Sciopero Generale dell’11/10/21 lanciato dal sindacalismo di base. Proponiamo un inizio di dibattito intorno al tema dell’aumento delle bollette da un punto di vista ecologista e di classe, con l’intenzione di continuare a ragionarci allargando il confronto a tutti i soggetti coinvolti.

 

Come è noto, da questo mese è previsto un rilevante aumento del costo delle bollette: si parla di un 30% per quanto riguarda l’energia elettrica e di circa 15% per il gas. La ripresa della domanda globale successiva alla fase più acuta della pandemia sembra essere l’asse principale di questo aumento. L’offerta di energia nel 2021 non è stata in grado di crescere allo stesso ritmo della domanda, anche a causa del progressivo esaurimento delle fonti fossili, come il gas, che si dimostra una risorsa assolutamente non affidabile e dal prezzo fortemente pilotabile.

Ma l’aumento delle bollette è soprattutto uno dei primi fenomeni delle politiche di quella che viene definita “transizione ecologica”. Lo stesso governo italiano parla di “costi sociali della transizione ecologica”: la svolta verde del nostro sistema produttivo non si potrebbe realizzare senza dei sacrifici da parte della popolazione. In effetti, molti tra i fattori che influenzano l’aumento dei costi dell’energia sono direttamente legati alle politiche economiche messe in campo per contenere i costi di produzione di CO2 e di utilizzo di fonti fossili, come le carbon tax e la finanziarizzazione del mercato energetico.

Ma di quali costi si parla se Eni ha fatturato un utile netto di 1,2 miliardi nell’ultimo semestre ? È evidente che il costo crescente dell’energia sta venendo scaricato unicamente sul pubblico e sui consumatori. La stessa politica che ha scommesso tutto sul gas e in grandi opere come il TAP, ritardando una transizione che si sarebbe dovuta avviare almeno un decennio fa, ora sceglie di farci pagare questa scelta sbagliata. Quello che si sta materializzando non è il costo della transizione, ma di decenni di intenzionale sostegno a un modello inquinante, ingiusto e radicato nelle fossili.

Quello del governo italiano però non è però l’unico modo di affrontare le problematiche legate alla transizione ecologica: in Spagna e nel Regno Unito per esempio si considerano misure orientate a stabilire un tetto massimo sul prezzo regolamentato del gas. I costi della transizione potrebbero essere fatti pesare su chi vuole trarne profitto? Quali possono essere le alternative per una transizione ecologica dal punto di vista della classe lavoratrice?

Due cose ci sembrano sicure:

1.La transizione ecologica prospettata dal ministro Cingolani, che punta sulla centralità del gas come fonte energetica principale, è insufficiente a garantire una reale preservazione dell’ambiente e dei territori.

2.Neanche il passaggio da un sistema energetico “fossile” ad uno fondato sulle fonti rinnovabili risolverebbe la questione sociale della transizione: se il modello energetico e produttivo rimarrà lo stesso, ovvero centralizzato e fondato su mega-impianti, gli unici a guadagnarci saranno ancora una volta i profitti delle grandi compagnie.

Ciò di cui abbiamo bisogno è sicuramente comprendere che la transizione ecologica è uno dei problemi fondamentali di questo momento storico, che è necessario informarsi e formarsi, organizzarsi subito per non pagarne i costi sociali e ambientali!