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NoTAV redazione

Per l’otto dicembre 2021 – Movimento Notav ed ecologia del capitale

È stato bellissimo, come ogni anno, ritrovarsi qui in Val Susa per ricordare la storica data della liberazione di Venaus. Sarà bellissimo come ogni anno, e ogni anno troviamo nuovi sproni e nuove giustificazioni per portare avanti questa lotta trentennale. Perché le strategie della controparte, nonostante le trovate retoriche e le riverniciate etiche, rimangono sempre le stesse.

Una di queste ultime trovate si chiama “transizione ecologica”. Possiamo dire che, se il 2020 è stato l’anno della pandemia e della salute, il 2021 è stato l’anno dell’ecologia. È stato l’anno in cui il pensiero ecologico è stato piegato alla logica del Capitale: l’anno del ministero della transizione ecologica e della Cop26, l’anno in cui la ripartenza economica prospettata dal piano di investimenti PNRR è stata articolata in modo strutturale su tematiche definiti “verdi”, l’anno in cui tanto si sta discutendo di energia, e via così.

Ma di quale ecologia stiamo parlando? Il movimento NoTav è un esempio concreto, quasi un paradigma di cosa significhino per noi un pensiero e una pratica ecologica. Vuol dire scoprire, e ancora di più costruire, un legame profondo e virtuoso tra l’ambiente e la comunità che lo vive. L’autogoverno sul proprio territorio implica infatti la conoscenza di esso, la capacità di abitarlo, e soprattutto di pensare insieme i bisogni umani e naturali come parte di un processo complesso che però è anche immediato per chi ogni giorno vive il suo territorio. La lotta contro il tav è stata dunque sempre una lotta ecologica: sia perché, come è stato dimostrato più volte, si tratta di un’opera non sostenibile secondo quella che viene definita “valutazione di impatto ambientale”; ma ancora più radicalmente, perché incarna nella quotidianità della lotta un rapporto tra società e ambiente diverso da quello imposto dal capitale. Quest’ultimo per espandersi ha bisogno di sottomettere la natura ai suoi bisogni tramite la tecnica, come fa d’altra parte con gli esseri umani. Per il capitale, la natura è una forza da disciplinare per trarne profitto; dei suoi bisogni non sa nulla, se non ciò che gli permette la propria riproduzione.

Noi quindi crediamo molto semplicemente che un governo che non desiste dall’opera Tav in Val Susa, che non riconosce il valore profondamente ecologico di questa lotta, semplicemente con l’ecologia ha poco da spartire. E la “transizione ecologica” così come il sistema delle Cop, se analizzati in ottica di critica sociale, si rivelano infatti l’estremo tentativo di salvare dall’incombenza di una crisi senza precedenti nella storia umana esattamente il sistema di potere che ha prodotto questa crisi. Cambiare tutto per non cambiare niente, fare valutazioni di sostenibilità per speculare sui territori con più legittimità, operare una transizione energetica per salvare le potentissime multinazionali dell’energia. I rapporti di produzione, di imperialismo, di sfruttamento, l’obbligo della crescita: niente di questo è messo in questione.

“Ecologia” è solo l’ultima di una serie di parole che stanno cercando di rubarci. Noi pensiamo però che sia necessario tenersela ben stretta, anzi affilarne gli spigoli per renderla meno maneggiabile e più offensiva, farne un campo di contesa radicandola in dei saperi e delle pratiche capaci di creare comunità e trasformare il rapporto con i territori. Per fare tutto questo, pensiamo che non esiste luogo migliore che questo che stiamo attraversando oggi. Per essere all’altezza dell’oggi, abbiamo un bisogno fortissimo del movimento NoTav.

Allora avanti NoTav! A sarà düra, ma noi ci siamo.