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Meglio attivi oggi che radioattivi domani – Imposizione e resistenza nel Canavese

  • Proteste contro il Deposito Nucleare
Venerdì 15 ottobre a Tonengo di Mazzé, nel Canavese, l’Associazione Mazzé Ambiente e il comitato Atomi Impazziti hanno organizzato un nuovo presidio informativo riguardante l’urgente e controversa questione del Deposito Nazionale (DN) di scorie nucleari che si vorrà probabilmente costruire tra i comuni di Caluso, Mazzé e Rondissone. La mobilitazione locale di risposta al modello decisionale top-down a opera di Sogin – la società di Stato creata appositamente per la progettazione e realizzazione del DN – continua la sua operazione di contestazione e informazione alternativa iniziata a gennaio 2021 .
Le proteste si rivolgono in primis a un approccio metodologico del processo decisionale davvero poco trasparente e coinvolgente, nonché all’impossibilità tecnica di poter considerare il sito adeguato al progetto del DN.
Il territorio in questione è fortemente agricolo, è entrato nel 2015 nel MAB UNESCO come luogo fondamentale per la relazione tra uomo e ambiente e la stessa Regione Piemonte ne ha valorizzato la filiera agricola come meta turistica, la quale offre prodotti tipici come l’Erbaluce. Una realtà così interessante rischia di essere costretta a ospitare contro la propria volontà una grande opera dall’enorme impatto ambientale. Saranno anche completamente diversi gli obiettivi, ma non si possono non notare le analogie con i meccanismi decisionali e di usurpazione del territorio a scapito dei suoi stessi abitanti avvenuta a poche decine di chilometri di distanza in Valsusa.
Non si può inoltre ignorare la vicinanza storica e geografica con l’area delle centrali nucleari dismesse di Trino e di Saluggia, anchesse gestite dalla Sogin. Nel 2013 vicino al sito della centrale di Saluggia è stata segnalata la perdita di acqua radioattiva dal luogo di stoccaggio delle scorie nucleari ed i pozzi dell’acquedotto del Monferrato, che copre circa 215 comuni, sono stati ad alto rischio di contaminazione.
L’area verde indica l’area in cui la Sogin prevede di costruire il DN a Mazzé
  • Sogin e il progetto del Deposito
Ma esattamente, cos’è e perché è stato ideato un deposito nazionale di scorie radioattive? Una normativa dell’Unione Europea ha obbligato nel 2011 l’Italia a elaborare un Programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi prodotti negli ultimi 50 anni – principalmente attraverso attività di centrali nucleari (chiuse nel 1990) e il loro seguente smantellamento – e quelli che verranno consumati in ambito sanitario, di ricerca e industriale nei prossimi 50.
Il piano prevede la realizzazione di un deposito unico di scorie nucleari e parco tecnologico annesso in cui far confluire tutti i rifiuti ora stoccati in 20 depositi locali sparsi su tutto il territorio nazionale, che hanno e stanno presentando grandi pericoli per l’ambiente circostante a causa della loro ubicazione spesso discutibile. Con il rilascio della CNAPI (Carta Nazionale della Aree Potenzialmente Idonee) sono state individuate da Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare), secondo criteri d’esclusione piuttosto contraddittori, 67 possibili siti “adatti” a ospitare il DN e i suoi 150 ettari di superficie recintati e militarizzati.
Tuttavia, sono sempre più le rimostranze sulla scarsa consultazione pubblica operata da Sogin, la quale ha pubblicato la CNAPI lo scorso 5 gennaio in pieno lockdown e ha consentito solo due mesi ai territori, fino a pochi giorni prima ignari di essere stati individuati come possibili siti, di mobilitarsi e inviare le proprie osservazioni tecniche. Alla fine grazie all’intervento del Parlamento il periodo è stato prorogato di 4 mesi, durante il quale sono stati conferiti a Sogin in tutto 342 invii.
Questa pantomimica consultazione pubblica che opererà a progressiva esclusione dei siti inadeguati si sta completando in queste settimane attraverso il seminario nazionale indetto dalla stessa Sogin, dove gli enti locali, le associazioni, i comitati o singoli cittadini avranno ben dieci minuti di tempo per far valere le proprie tesi. Uno squilibrio tale rende difficile ritenere un procedimento del genere anche solo lontanamente democratico. Piuttosto, sembra rendere chiaro lo scarso interesse delle istituzioni a coinvolgere i territori interessati in decisioni su opere che li riguardano in modo diretto e invasivo. Le approssimative analisi tecniche di Sogin hanno trasformato l’intero processo di selezione in una gara tra i territori a dimostrare il più validamente possibile la loro inadeguatezza a ospitare il DN.
A luglio sono state inviate a Sogin le istruttorie tecniche realizzate dagli enti locali e regionali, spesso con dati e cartografie aggiornate rispetto a quelle considerate da Isin. E’ stato fatto notare come, in maniera inspiegabile, oltre all’utilizzo di cartografie errate e analisi idrologiche inadeguate, non sia mai stata attuata la VAS (Valutazione Ambientale Strategica) da parte di Isin.
Come se non bastasse, le 130 pagine tecniche approvate dalla Giunta regionale del Piemonte e inviate a Sogin mostrano diverse osservazioni sull’improcedibilità della localizzazione del sito in Piemonte. In special modo il sito individuato nel canavese da Isin si trova esattamente sopra un importante punto sotterraneo di ricarica delle falde acquifere. Questo di per sé è già un motivo escludente, ma nonostante ciò, il sito continua a essere considerato uno dei principali candidati.
Il DN viene presentato come una struttura sicura e certa di garantire la gestione efficace dei rifiuti nucleari. Tuttavia, su questo argomento le associazioni e amministrazioni locali di tutta Italia sollevano una grande perplessità: il DN italiano sarebbe uno dei pochi tra quelli dei paesi europei a ospitare contemporaneamente, e attualmente senza una visione a lungo termine, lo smaltimento in via definitiva dei rifiuti a molto bassa e bassa attività e lo stoccaggio temporaneo delle scorie a media e alta attività, queste ultime chiaramente molto più pericolose e ora quasi totalmente in corso di riprocessamento in Francia e Gran Bretagna.
Questa doppia funzione del progetto si basa sulla scelta decisamente opinabile di considerare validi i criteri utilizzati per individuare i siti adatti alla localizzazione di un impianto di smaltimento di scorie a bassa attività anche per lo stoccaggio dei 17.000 metri cubi di rifiuti degli impianti nucleari -la capienza totale è di 95.000 metri cubi.
Questo tipo di rifiuti necessitano di essere smaltiti in depositi geologici profondi. Nonostante ciò, l’Italia ad oggi non ha nemmeno scelto se crearne uno nazionale vincolando un territorio al rischio di contaminazione per centinaia di anni, oppure condividerne la creazione con altri Stati. Sono 14 i Paesi che in Europa continuano le attività nucleari energetiche e in confronto alle loro quantità ad alta attività le nostre sono veramente irrisorie. Perciò, c’è da chiedersi: perché i governi italiani degli ultimi anni non hanno insistito su questo punto in ambito comunitario?
Le criticità che abbiamo sollevato ci sembrano più che sufficienti per sostenere la mobilitazione dal basso del comitato Atomi Impazziti e dell’Associazione Mazzé Ambiente, contro ogni tentativo di estromettere i territori dalle decisioni che li riguardano direttamente. 
In previsione dell’appuntamento online al seminario indetto da Sogin specificatamente per il Piemonte il 15 Novembre, il Comitato Atomi Impazziti ha lanciato una manifestazione il 6 Novembre “contro la costruzione del Deposito di scorie nucleari nel Basso Canavese” con ritrovo alle 14.30 al campo sportivo di Mazzé. Con le parole di Roberta, attivista del comitato, l’intento è quello di “coinvolgere la cittadinanza e far vedere che qualcosa si muove, che non stiamo zitti e che ci siamo.” 
Fonti:
https://www.radioblackout.org/podcast/deposito-nazionale-delle-scorie-nucleari-resistenze-in-basso-canavese/